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La mia testimonianza su Angelo:

Era il 1985 e, con mia grande sorpresa (e gioia), Amilcare Rambaldi mi chiamò per invitarmi a partecipare alla Rassegna del Club Tenco. 

In quel periodo un mio caro amico di Bologna, Giorgio Bassi, che come me si affacciava alle prime esperienze di rilievo nel mondo della canzone d'autore, aveva mandato una sua canzone a Pierangelo, che aveva deciso di inserirla nel suo imminente album, che si sarebbe intitolato Petra. La canzone, molto bella, è "L'odore del porto".

Giorgio incontrò Pierangelo a Sassuolo e per lui fu, come per me più tardi, un incontro all'insegna della genuinità. 

Vennero a Milano insieme per registrare l'album e una sera Giorgio mi chiamò per invitarmi a cena insieme a tutta la band. Arrivai in studio mentre Angelo stava cantando, come sempre, molto bene, con quel vocione pieno di registri bassi che risultò inconfondibile fin da "Eppure soffia".

Subito mi attaccò un memorabile "bottone", e chiacchierammo amabilmente per tutta la sera. Sembrava di conoscerlo da molto tempo, aveva la rara dote di entrare "empaticamente" nelle corde di chi gli stava accanto. 

Era un gran chiacchierone, sempre pronto a dire la sua, sempre curioso di sentire la tua. Forte, Pierangelo, sano e potente fin dal primo sorso, come un sangiovese ben stagionato.

Quella stessa sera conobbi anche Marco Dieci, un fine musicista (chitarra, pianoforte, armonica) e un amico che, nonostante la distanza e il tempo ci hanno separati dalle frequentazioni di anni fa, resta sempre nel mio cuore con intatta stima e amicizia. Fu una splendida serata, e così con Pierangelo tutto cominciò sotto l'insegna "pane & salame".

La sua era una semplicità contagiosa, da persona colta.

Dopo il Tenco gli mandai una cassetta con alcune canzoni che gli piacquero molto. Alla fine decise di incidere Casual Soppiatt Swing, e ne fui sorpreso perchè si tratta di un brano imparentato col jazz o, meglio, con il dixie, e non ricordavo di averlo ancora sentito misurarsi con questo genere di musica.

 Qualche mese dopo mi invitò ad ascoltare la canzone bell'e pronta nello studio di registrazione dove ormai aveva quasi ultimato la realizzazione di "Canzone d'Autore".

Giornata di tarda primavera, perfetta, l'appuntamento era sui colli di Imola. Restai fulminato perchè la canzone era arrangiata in modo quasi identico alla versione del mio gruppo, che peraltro si chiamava Casual Soppiatt Band e alla quale la canzone era dedicata. Però. Però a un certo punto c'era un clarinetto che partiva in solitaria, bellissimo. Chiesi: "Chi è questo che suona così bene ?". Era Hengel Gualdi, una leggenda del nostro jazz. Angelo lo chiamava "Enel". Non sapeva che oltre al regalo della sua interpretazione mi aveva fatto doppiamente felice con la presenza di Gualdi, di cui conservavo un vecchio disco che mi aveva avvicinato allo swing da ragazzo. Decise perfino di cantarla a Saint Vincent per "Un disco per l'estate", e per la prima volta ebbi l'emozione di accendere la televisione e di ascoltare una mia canzone dalla voce di uno come lui. 

Non abbiamo mai smesso di sentirci per parecchi anni. Un giorno ero dalle sue parti, lo chiamai e andai a trovarlo nella sua casa di Formigine. Non ci vedevamo da qualche anno ma sembrava di essersi salutati due sere prima. Angelo aveva il dono di "lasciarsi scorrere" e di essere sempre splendidamente "fuori moda". Ci siamo un po' persi di vista, le telefonate si sono diradate.

Poi, improvvisa, la notizia della sua scomparsa, inaspettata e appresa dalla radio mentre tornavo a casa in automobile.

Avevo perso un amico, quel giorno, me lo diceva la memoria risvegliata nel buon profumo di Emilia che Angelo, voce da diesel e sorriso da ragazzo, spargeva sempre intorno a sè. Ho pensato quello che scriveva il mio maestro Gianni Brera in questi casi (ah, io milanista e lui juventino .): Pierangelo, che ti sia lieve la terra ...

Claudio Sanfilippo