Home > Sezione Verde - I fans comunicano > Riflessioni dopo l'intervista ad Angelo Carrara

  

Manlio Montalbano

La preziosissima intervista ad Angelo Carrara ha sollecitato in me alcune riflessioni confermando certe convinzioni che avevo maturato personalmente riflettendo sulla carriera discografica di Pierangelo e sul suo andamento.

Noi tutti ci siamo spesso domandati perché Pierangelo non sia riuscito a raggiungere in vita quel consenso costante di un ampio pubblico e la considerazione della critica che avrebbe certamente meritato; ora, io credo che la risposta più plausibile a questa domanda l’abbia data proprio Angelo Carrara affermando che a Pierangelo è mancata una adeguata strategia discografica che gli permettesse di “gestire” al meglio le sue potenzialità creative senza disperderle. Intendiamoci, qui non è affatto in discussione il valore, certamente notevole, di Pierangelo come artista, ma il modo in cui il talento e la creatività di Pierangelo sono state coltivate e proposte al pubblico. Secondo me, a dire il vero, non sono certo il successo od il consenso del pubblico a determinare la qualità di un lavoro discografico; da questo punto di vista, infatti, credo di poter dir e che Pierangelo abbia scritto canzoni bellissime che sono comunque rimaste poco note. Questo potrebbe essere il caso di alcuni brani dell’album Angoli di vita come Se fossi o Ancora Tempo e ancora di tanti altri brani della sua produzione passata e recente come, almeno secondo me, Norma, Il treno, Se potesse bastare, Fiume nero, ecc.

Il problema non riguarda la qualità delle canzoni, ma il modo di proporle al grande pubblico e rapportarsi ad esso. Questo è certamente un aspetto non facile del mestiere di un cantautore perché le case discografiche con le loro richieste ed attese possono anche comprimere la creatività e la libertà di espressione dell’artista in questione. Se riflettiamo sull’andamento della carriera di Pierangelo emerge con evidenza con quale costanza, con quale impegno e dedizione abbia vissuto il suo lavoro. Le lunghe e faticose tournè che Pierangelo accettava di fare sono certamente un esempio della sua dedizione per il suo lavoro e della sua determinazione nell’affrontare la vita. Rimango convinto però, ancor più dopo aver letto l’intervista a Carrara, che davvero Pierangelo avrebbe potuto meglio spendere le frecce del suo arco così pregiato ad esempio pubblicando un minor numero di album e condensando negli album le canzoni di più ampio respiro, dando ad alcuni lavori maggiore armonia ed organicità.

Capisco che qualcuno potrà legittimamente non condividere quanto dico, ma queste convinzioni le ho maturate pian piano riflettendo sui diversi aspetti della storia discografica di Pierangelo; inoltre parla una persona che ha sempre atteso e seguito con trepidazione ed entusiasmo ogni nuovo album di Pierangelo Bertoli e che è affettivamente legato un po’ a tutti gli album del nostro cantautore. Certamente non era Pierangelo a doversi occupare di tutto questo, ma un produttore che davvero credesse in lui e, soprattutto, lo mettesse in condizioni di lavorare serenamente senza troppe pressioni. Io sono convinto che molti brani e molti lavori discografici di Bertoli avrebbero potuto avere una fascia di consenso ed apprezzamento molto, molto più ampia di quella effettivamente raggiunta.

Secondo me uno snodo cruciale nella gestione del successo di Pierangelo è stato il periodo successivo a Sanremo, tenendo conto del grande consenso che era riuscito a riguadagnare. Voglio essere franco: nonostante io fossi sempre contento di ascoltare i suoi brani cercando “voracemente” quelli che ancora non conoscevo, credo che la raccolta successiva a Sanremo ed anche l’album Italia d’oro siano dei lavori sui quali si può fare qualche appunto; credo che Italia d’oro non sia affatto il migliore album di Bertoli né  quello che meglio ne rappresenta lo stile ed il valore artistico. Questa mia valutazione non dipende affatto dai contenuti politici dell’album, ma dalle canzoni che tutto somma to mi sembrano un po’ “incolore” rispetto al complesso della sua produzione (ad eccezione ovviamente di Spunta la luna dal monte ed Italia d’oro). Credo, invece, che Gli anni miei sia un album veramente intenso, ricco, emozionante sia dal punto di vista della musica che da quello dei testi delle canzoni: un album che avrebbe senza dubbio meritato molta maggiore attenzione e consenso. Purtroppo credo che anche questo periodo non sia stato gestito al meglio: poco prima di Sanremo Pierangelo aveva realizzato un bel lavoro come Oracoli, poi la raccolta, poi Gli anni miei e tutto questo nell’arco di tre anni o poco più (!) : non si è trattato ancora di uno spreco delle ";cartucce” di cui Bertoli disponeva, considerando che in questi tre Album ci sono dei brani di grande valore che avrebbero potuto essere meglio proposti al pubblico?

Certo ci saranno state delle pressioni, delle necessità cui far fronte, però a pensarci bene credo si possa dire con rammarico che è stata un’occasione perduta per mantenere un successo di ampia portata.

Quanto al futuro della musica di Pierangelo, ciò che dice Angelo Carrara credo possa essere un invito a riflettere, ad impegnarsi e perché no a sognare: si tratterebbe di dare una base concreta al progetto di mantenere viva e diffondere la musica di Pierangelo con tutto ciò che essa esprime a livello musicale, esistenziale, civile, culturale. Certamente non ci si può illudere: un simile progetto richiede fatica, preparazione, umiltà, capacità di elaborare delle realistiche strategie d’azione e, cosa non da poco conto, richiederebbe credo dei notevoli sforzi economici che francamente non sono facile da realizzare.

Approfitto, inoltre, per dire che secondo me, per quel che può valere il mio parere, Angelo Carrara  è stato ed è un produttore discografico di grande valore che ha saputo rischiare ed ha prodotto lavori di artisti secondo me davvero rispettabili; dico questo nonostante gli errori che può  avere commesso nel rapporto con Pierangelo.

       Manlio Montalbano