La
preziosissima intervista ad Angelo Carrara ha sollecitato in me alcune
riflessioni confermando certe convinzioni che avevo maturato
personalmente riflettendo sulla carriera discografica di Pierangelo e
sul suo andamento.
Noi
tutti ci siamo spesso domandati perché Pierangelo non sia riuscito a
raggiungere in vita quel consenso costante di un ampio pubblico e la
considerazione della critica che avrebbe certamente meritato; ora, io
credo che la risposta più plausibile a questa domanda l’abbia data
proprio Angelo Carrara affermando che a Pierangelo è mancata una
adeguata strategia discografica che gli permettesse di “gestire”
al meglio le sue potenzialità creative senza disperderle.
Intendiamoci, qui non è affatto in discussione il valore, certamente
notevole, di Pierangelo come artista, ma il modo in cui il talento e
la creatività di Pierangelo sono state coltivate e proposte al
pubblico. Secondo me, a dire il vero, non sono certo il successo od il
consenso del pubblico a determinare la qualità di un lavoro
discografico; da questo punto di vista, infatti, credo di poter dir e
che Pierangelo abbia scritto canzoni bellissime che sono comunque
rimaste poco note. Questo potrebbe essere il caso di alcuni brani
dell’album Angoli di vita
come Se fossi o Ancora
Tempo e ancora di tanti altri brani della sua produzione passata
e recente come, almeno secondo me, Norma,
Il treno, Se
potesse bastare, Fiume
nero, ecc.
Il
problema non riguarda la qualità delle canzoni, ma il modo di
proporle al grande pubblico e rapportarsi ad esso. Questo è
certamente un aspetto non facile del mestiere di un cantautore perché
le case discografiche con le loro richieste ed attese possono anche
comprimere la creatività e la libertà di espressione dell’artista
in questione. Se riflettiamo sull’andamento della carriera di
Pierangelo emerge con evidenza con quale costanza, con quale impegno e
dedizione abbia vissuto il suo lavoro. Le lunghe e faticose tournè
che Pierangelo accettava di fare sono certamente un esempio della sua
dedizione per il suo lavoro e della sua determinazione
nell’affrontare la vita. Rimango convinto però, ancor più dopo
aver letto l’intervista a Carrara, che davvero Pierangelo avrebbe
potuto meglio spendere le frecce del suo arco così pregiato ad
esempio pubblicando un minor numero di album e condensando negli album
le canzoni di più ampio respiro, dando ad alcuni lavori maggiore
armonia ed organicità.
Capisco
che qualcuno potrà legittimamente non condividere quanto dico, ma
queste convinzioni le ho maturate pian piano riflettendo sui diversi
aspetti della storia discografica di Pierangelo; inoltre parla una
persona che ha sempre atteso e seguito con trepidazione ed entusiasmo
ogni nuovo album di Pierangelo Bertoli e che è affettivamente legato
un po’ a tutti gli album del nostro cantautore. Certamente non era
Pierangelo a doversi occupare di tutto questo, ma un produttore che
davvero credesse in lui e, soprattutto, lo mettesse in condizioni di
lavorare serenamente senza troppe pressioni. Io sono convinto che
molti brani e molti lavori discografici di Bertoli avrebbero potuto
avere una fascia di consenso ed apprezzamento molto, molto più ampia
di quella effettivamente raggiunta.
Secondo
me uno snodo cruciale nella gestione del successo di Pierangelo è
stato il periodo successivo a Sanremo, tenendo conto del grande
consenso che era riuscito a riguadagnare. Voglio essere franco:
nonostante io fossi sempre contento di ascoltare i suoi brani cercando
“voracemente” quelli che ancora non conoscevo, credo che la
raccolta successiva a Sanremo ed anche l’album Italia
d’oro siano dei lavori sui quali si può fare qualche appunto;
credo che Italia d’oro
non sia affatto il migliore album di Bertoli né quello
che meglio ne rappresenta lo stile ed il valore artistico. Questa mia
valutazione non dipende affatto dai contenuti politici dell’album,
ma dalle canzoni che tutto somma to mi sembrano un po’
“incolore” rispetto al complesso della sua produzione (ad
eccezione ovviamente di Spunta
la luna dal monte ed Italia
d’oro). Credo, invece, che Gli
anni miei sia un album veramente intenso, ricco, emozionante sia
dal punto di vista della musica che da quello dei testi delle canzoni:
un album che avrebbe senza dubbio meritato molta maggiore attenzione e
consenso. Purtroppo credo che anche questo periodo non sia stato
gestito al meglio: poco prima di Sanremo Pierangelo aveva realizzato
un bel lavoro come Oracoli,
poi la raccolta, poi Gli anni
miei e tutto questo
nell’arco di tre anni o poco più (!) : non si è trattato ancora di
uno spreco delle ";cartucce” di cui Bertoli disponeva,
considerando che in questi tre Album ci sono dei brani di grande
valore che avrebbero potuto essere meglio proposti al pubblico?
Certo
ci saranno state delle pressioni, delle necessità cui far fronte, però
a pensarci bene credo si possa dire con rammarico che è stata
un’occasione perduta per mantenere un successo di ampia portata.
Quanto
al futuro della musica di Pierangelo, ciò che dice Angelo Carrara
credo possa essere un invito a riflettere, ad impegnarsi e perché no
a sognare: si tratterebbe di dare una base concreta al progetto di
mantenere viva e diffondere la musica di Pierangelo con tutto ciò che
essa esprime a livello musicale, esistenziale, civile, culturale.
Certamente non ci si può illudere: un simile progetto richiede
fatica, preparazione, umiltà, capacità di elaborare delle
realistiche strategie d’azione e, cosa non da poco conto,
richiederebbe credo dei notevoli sforzi economici che francamente non
sono facile da realizzare.
Approfitto,
inoltre, per dire che secondo me, per quel che può valere il mio
parere, Angelo Carrara è
stato ed è un produttore discografico di grande valore che ha saputo
rischiare ed ha prodotto lavori di artisti secondo me davvero
rispettabili; dico questo nonostante gli errori che può avere
commesso nel rapporto con Pierangelo.
Manlio
Montalbano