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Gianluca Palmieri
  

Caro Marco, mi avevi chiesto di scriverti un po’ di racconti riguardo i concerti che avevo visto di Pierangelo, allora come ti avevo detto avrei avuto bisogno di tempo per scriverti qualcosa riguardo i live che ho visto di Pierangelo, però alla fine qualcosa ho scritto.

Il primo concerto che ho visto risale al 1991, era inverno e Pierangelo aveva appena terminato il festival di S. Remo. Il concerto si teneva in un piccolo teatro a Scandicci (FI). Arrivo ed il teatro era completamente esaurito, sembrava proprio che non ci fossero speranze di entrare, ma alla fine sono riuscito nel mio intento in quanto la direzione del teatro, data l’insistenza di un buon gruppo di persone, ha aggiunto dei posti in piedi.

Il concerto era già iniziato, Pierangelo cantava “A muso duro”. Era una scaletta molto diversa rispetto ai concerti che poi ha fatto successivamente nel corso degli anni. Apriva con “Una strada” e poi continuava con; “La nostra canzone d’amore”, “Gente metropolitana”, “Oracoli”, “E’ nato si dice”, “A muso duro” e poi non ricordo, le ultime canzoni erano; “Eppure soffia”, “Pescatore”, “Spunta La luna dal monte” e i bis comprendevano “Così”, “Dalla finestra”, “Sere di Gallipoli”.

La band era formata da un batterista, basso (il solito), due tastiere, sax e due chitarre (una era di Luca Bonaffini).

 

Successivamente ho assistito ad altri concerti di Pierangelo, sempre nel 1991, la band era la stessa, la scaletta cambiava di poco; iniziava con “Così”, “La nostra canzone d’amore”, “Maria Teresa”, “Certi momenti” e così via…le versioni dei pezzi erano sempre quelle e di solito Pierangelo nel presentare le canzoni diceva sempre le stesse cose, quando era in serata parlava di politica e sentenziava, molto spesso ce l’aveva con Andreotti e con la Democrazia Cristiana.

 

Sempre nel 1991, ricordo un concerto alla Festa de l’unità di Firenze dove c’erano diecimila persone e Pierangelo aveva lo stesso identico comportamento di quando d’avanti a se c’erano solo 200 persone, ciò avvenne nello stesso anno a Pisa, anzi a pensarci bene in quell’occasione fu molto più vivace, cantò due volte “Eppure soffia” e fece più bis

Nel 1991 aveva come impresario Sabbatino Marsiani, lo stesso che poi lo ha seguito dal 1994 in poi, era un tipo taciturno e poco socievole, ma pare che lavorasse bene, riusciva sempre a trovare un sacco di date.

Passiamo al 1992. In quell’anno, in cui andò a S. Remo per la seconda volta, Bertoli fece soli 25 concerti e tra l’altro non ebbero tanto successo.

 

La cosa fu un po’ un paradosso in quanto ci fu molta promozione per l’album “Italia d’oro”, ma i problemi furono due; uno oggettivo e l’altro soggettivo, ossia la mia opinione personale.

 

Il fatto oggettivo fu che Pierangelo cambio impresario, o meglio lascio Marsiani e fece un contratto con un’agenzia di cui non mi ricordo il nome. Con questa agenzia, mi disse Pierangelo, ci furono non pochi problemi. Bertoli pretese un budget abbastanza alto per la produzione del concerto, ossia, un buon impianto audio e un buon progetto luci, inoltre aveva una formazione che comprendeva Lucio Fabbri che curo tutti gli arrangiamenti, infatti forse quello del 1992 è stata la migliore produzione live.

 

Purtroppo, però, l’agenzia concesso, sì, il budget richiesto ma taglio molto della promozione dei concerti, quindi non fu un gran successo, un esempio è la videocassetta “Italia d’oro tour”, se hai notato il pubblico non viene mai inquadrato e questo perché c’erano, a quel concerto, 200 persone scarse.

L’altro elemento del poco successo di quel tour è stato, secondo me, il fatto che “Italia d’oro” non era un grande album, ci sono poche canzoni e i due singoli non sono canzoni di successo, per canzoni di successo intendo quelle canzoni che restano nella memoria della gente. Poi perché tornare a scrivere canzoni politiche così esagerate, secondo me questo è stato il limite di Bertoli, è stato un grande artista soprattutto da un punto di vista musicale, grande melodista e gli arrangiamenti erano sempre vari, toccavano più generi, però Pierangelo era troppo poco “diplomatico”, nel senso che si arrabbiava troppo nei testi e alla gente questo infastidiva. Se prendiamo Giorgio Gaber, anche lui scriveva canzoni politiche ma era più elevato, più raffinato.

Il problema è che secondo me Pierangelo non è mai riuscito a conciliare adeguatamente le sue incazzature sociali con il mercato, con il cercare di vendere di più, ma per vendere non intendo un accezione meramente negativa, ma un accezione che  si allarghi al fatto di farsi conoscere di più, da più persone, allargare la propria immagine artistica. Però è anche vero che d'altronde lui era così, non ha mai voluto accettare i compromessi e ciò va accettato e rispettato.

 

Torniamo al concerto, la scaletta; iniziava con “Così”, “Se potesse bastare” (una versione bellissima), “Varsavia” e poi le solite, di diverso faceva “La fatica”,“Acqua limpida” e “Valzer lento” che ancora non aveva inciso.

Ripeto, forse questo è stato il miglior set live, Lucio Fabbri è bravissimo, davo al concerto un grande tocco di raffinatezza. 

Arriviamo al 1993; Bertoli torna con Sabbatino Marsiani che gli procura una quarantina di date.

 

“Gli anni miei” fu un album a cui Pierangelo teneva particolarmente in quanto, per la prima volta, ne curo gli arrangiamenti, Lucio Fabbri fece più un lavoro di tra scrittura, purtroppo l’album non fu un successo, anche se entrò sempre in classifica. Non fu fatta molta promozione anche perché la Ricordi aveva speso molto per “Italia d’oro”, ma anche quell’album raccolse pochi consensi rispetto alla promozione che fu fatta, quindi “Gli anni miei” subì questo tipo di riflesso.

 

 L’album secondo me, ma anche secondo Pierangelo, fu quello “suonato” meglio in assoluto; grandi musicisti, grande produzione, grande tecnico del suono; Feiz di Elio e le storie tese. In seguito Pierangelo mi disse che forse quell’album suonava troppo all’americana e che in Italia certe cose spiazzano il pubblico.

Per quel tour ho avuto l’occasione di vederlo più volte; a Novi Ligure, a Ravenna, a Pescara e a Modena. La band si arricchisce di Giorgio Buttazzo, un buon chitarrista che cura anche alcuni arrangiamenti, uno per tutti quello del “Centro del fiume”, che poi finirà nella raccolta “Una voce tra due fuochi”. La scaletta prevede oltre ai soliti pezzi storici; “Bersagli mobili”, “Gli anni miei”, “Marisa ti sposa”, “”Ho bisogno di te Maria” e “La prima pioggia”.

 

Nel 1995 esce “Una voce tra due fuochi”, titolo molto bello ma che non è di Pierangelo, mi disse che glielo aveva suggerito un discografico. Nel corso di una telefonata mi disse che la sua casa discografica lo aveva “fregato”, nel senso che per non spendere soldi lo aveva indotto a fare una raccolta, risuonando i pezzi, ma senza spendere troppo nella produzione, le canzoni e gli arrangiamenti erano già quelli. Due gli inediti, ma che in realtà erano delle canzoni che erano state registrate insieme agli altri brani de “Gli anni miei”.

 

Dal tour successivo viene fuori il set live che poi Bertoli si porterà, più o meno, fino alla fine.

I brani sono i grandi successi, in più faceva “Non ti sveglierò”.

Di quel tour vidi il concerto di Pisa che sinceramente fu un fallimento; nemmeno 200 persone e poi ci fu una scena che mi è restata particolarmente impressa, il palco era molto alto e c’erano solo delle scale, per salire Pierangelo fu messo su da un muletto, lui non fece una piega, sali e inizio il concerto.

 

L’ultima volta che vidi Pierangelo fu ad un concerto a Pontremoli. Ancora non era uscito “Angoli di vita”, fu un concerto che mi restò particolarmente impresso, la scaletta era sempre quella ma il sound era molto rock. In quel concerto Pierangelo era particolarmente nervoso, litigava col tecnico del suono e prima di attaccare “Pescatore” mando letteralmente a quel paese Vincenzo Irelli perché tardava nel dargli l’accordo iniziale.

 

Quando stava per andare via mi ci fermai a chiacchierare chiedendogli dell’album nuovo, lui mi disse che era pronto ma che era molto disilluso sulla promozione che ne avrebbero fatto, era consapevole che la sua nuova casa discografica era un’etichetta piccola con poche risorse, ma a quel momento era l’unica che gli consentiva di fare album. Successivamente lo sentii dopo l’uscita dell’album, non era molto soddisfatto soprattutto del miraggio, gli feci notare che le chitarre elettriche andavano spesso in saturazione ed il suono friggeva, mi diede ragione, inoltre mi disse che aveva previsto l’uso di archi veri e che invece era stato fatto tutto con un espander che non rendeva, mi citò “Ancora tempo”, diceva che era un pezzo bellissimo ma suonava malissimo.

 

Caro Marco questo è tutto quello che mi ricordo, se mi vuoi chiedere qualcosa scrivimi pure, spero di aver dato un contributo al sito.

 

Gianluca Palmieri