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Luca Baldelli

 

 

Tra tutti gli amanti della poesia di Pierangelo ( anche se a lui questo termine sicuramente non sarebbe granchè piaciuto ) credo di essere stato uno dei più precoci: avevo 11 anni quando ascoltai la sua prima canzone e mi piacque subito: era il 1989 e Pierangelo aveva girato il famoso spot per il superamento delle barriere architettoniche.

 

Di lui mi colpirono non solo i testi e le musiche, così lontani dai canoni della pur lodevole canzonetta all'italiana e da quelli ancor più discutibili imposti da un mercato calibrato sull'americanizzazione dei gusti della gente.

 

Scoprì ( nonostante la tenera età avevo già una spiccata sensibilità sociale ) un cantautore al di fuori degli schemi, che invece di lisciare il pelo ai potenti simpatizzava per i deboli, per gli oppressi, per gli emarginati, proprio come me, da sempre schierato dalla parte degli ultimi anche nei giochi dell'infanzia.

 

Più tardi, ampliandosi le mie conoscenze storiche e militando attivamente in politica, apprezzai ancora di più Pierangelo: nelle sue canzoni si parlava delle lotte dei lavoratori, della Resistenza, dell'ambiente, della lotta ad ogni tipo di guerra, di amore, ma non quell'amore stucchevole, tutto smancerie e stupidaggini, da telenovela, bensì l'amore vero, quello che nasce dalle viscere dell'uomo, quell'amore rustico e solido come roccia che è fatto di valori e spontaneità.

 

Sulle note di " Rossocolore ", " Eppure Soffia ",
" A muso duro ", " Certi momenti ", " Cent'anni di meno "," S'at ven in meint " ( credo di essere stato l'unico italiano non emiliano ad averlo acquistato ), cresceva la mia coscienza politica e sociale e l'affetto per quest'uomo straordinario che ha dato a tanta gente la speranza del domani, il coraggio di lottare, di elevarsi al di sopra della propria condizione e di dare la famosa " scalata al cielo ", ognuno nel suo piccolo.
Nel 1991 ebbi modo di conoscere i figli di Pierangelo, durante un concerto a Fano ( chissà se si ricordano, sono passati tanti anni..... ) e in un'altra occasione, durante un altro concerto, conobbi Pierangelo direttamente: bene, era diretto, spontaneo, alla mano, proprio come nelle sue canzoni.

Capì meglio quanto Pierangelo fosse " vero " , in un mondo dove i divi dello spettacolo mostrano al pubblico un volto che non è quasi mai quello autentico.

 

Proprio per questo Pierangelo non era un " divo ", ma un uomo del popolo, uno di quelli che incontri in osteria, con cui puoi cantare una serenata o uno stornello in una notte d'estate, con cui puoi bere un bicchiere di rosso.

 

Vorrei che tutti ricordassimo così Pierangelo e sono felice che tanti ammiratori si siano stretti attorno alla sua memoria in questo bellissimo sito: in un mondo che giorno dopo giorno è sempre più in rovina, facciamo tesoro dell'insegnamento di Pierangelo, tramandiamolo ai nostri figli, diciamo loro che l'onestà, l'integrità, la coerenza sono i valori fondamentali, che vanno messi in pratica anche quando costano prezzi alti e magari anche derisione da parte dei mediocri e dei meschini.

 
 
LUCA BALDELLI