Home > Sezione Rossa - Bibliografia > Pierangelo Bertoli:Un emiliano tragico non è un vero emiliano
Un emiliano tragico non è un vero emiliano
Rosalba Satta Domenico Mangiardi e il suo “Pierangelo Bertoli” Ciò
che rimane appiccicata all’anima, a lettura appena terminata, è la
magia di un inatteso e,
perciò , più gradito incontro con Pierangelo Bertoli. E’ la sua
statura umana a saltare fuori dalle pagine e ad andare incontro al lettore
che rivede , e riconosce , nel racconto di una vita iniziata il 5 novembre
del 1942, quei valori e
quelle caratteristiche che distingueranno sempre
il cantautore emiliano dal mucchio. Innanzi
tutto…il ricordo e la fatica dei primi anni . Fatica che diventa non
fardello che limita il passo ma linfa per crescere robusto dentro , senza
perdere, nel contempo, quella sensibilità e quella disponibilità quasi
disarmante che lo hanno reso – sempre – un essere speciale . Ciò
che commuove – e non poco! – è il suo continuo dire e scrivere
“grazie” a tutti coloro che , con lui, intrapresero il viaggio umano e
musicale in un periodo in cui non era facile evitare i compromessi,
trovare spazio per cantare la vita con
le sue meraviglie ma anche con le sue contraddizioni, le sue ipocrisie, le
sue violenze e le sue utopie. Il
suo spostare da sé e indirizzare anche verso gli altri i riflettori
appartiene alle anime grandi . E, perciò, è di pochi. E’
indispensabile non avere niente da spartire con l’invidia, le gelosie,
il protagonismo esasperato ed esasperante dei mediocri e dei pieni zeppi
di nulla o di poco dal punto di vista umano e culturale.
Bertoli
, a differenza di altri, non provava fatica nel ricordare : la sua non era
una memoria a metà. Aveva ben impressi nella mente, nell’anima e nel
cuore ( emerge chiaramente dalla chiacchierata con Domenico Mangiardi)
i visi, i sorrisi, gli sforzi, le reciproche e lubrificanti pacche
sulle spalle di coloro che , con lui, avevano iniziato il cammino non
facile nel non facile mondo musicale .
E memore delle salite ripide e delle discese scivolose , tenne
sempre le porte spalancate per accogliere, ospitare e sostenere coloro che
volevano provarci e che , grazie soprattutto a lui, oggi riempiono piazze
e stadi. Il
racconto dei suoi primi anni di vita
ci permette di entrare nel palazzo di via Menotti prima e nella
casa di periferia dopo, quando nel 1955 ben tre lutti resero ancora più
difficile la vita del giovanissimo Bertoli. E
poi…ecco la prima chitarra Masetti- che costava ben cinquanta mila lire!
– ricevuta in dono per i suoi 26 anni da due amiche, gli esordi
musicali, i primi concerti e le prime incisioni. I suoi incontri
significativi con Dario Fo , Franca Rame, Carla Parmigiani, Graziano
Fontana, Caterina Caselli… Il suo attivismo politico
e l’inevitabile abbandono del treno “quando ti accorgi che chi
c’è in motrice” non ha quella visione alta che va oltre i compromessi
e le beghe di bottega. Tenerissimo
il suo incontro d’amore con Bruna e la nascita de figli. E
molto, molto altro ancora tra
le ondulazioni ( o le note?) di una conversazione che vede presente anche
il lettore, perché la capacità comunicativa è tale da scoprire
d’essere dentro una situazione che si vede e si
vive appieno. E’
il sogno di Bertoli che mi piace porre in conclusione di questo mio breve
scritto che vuole essere anche una “grazie” a Domenico Mangiardi per
averci pensato e per aver realizzato un libro davvero interessante. Alla
domanda dell’autore “Che cosa sogni?”, Bertoli risponde, senza
esitazione: “Sogno
un mondo migliore, un mondo pulito…”. Il
suo sogno è anche il mio, ed è il sogno di tutti coloro che –
parafrasando la sua bellissima “Tra me e me” – “conservano un
pezzo di innocenza, hanno grandi occhi di ironia, di ribellione e
fantasia…con qualche goccia di utopia.”.
|